Prevista pioggia di stelle cadenti da record per stanotte
giovedì 11 agosto 2016
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Nottata da record quest’anno secondo la NASA: le Perseidi, più note ai profani come stelle o lacrime di San Lorenzo, saranno le più spettacolari degli ultimi sette anni. Il picco è previsto tra oggi e domani 12 agosto
L’ultima “pioggia di stelle” così intensa e brillante è stata osservata nel 2009, ma questa volta a far da contorno ci saranno ben 5 pianeti visibili.
La Terra sta attraversando una densa scia di polveri lasciate dalla cometa Swift-Tuttle, quindi a cielo sgombro si dovrebbero veder “cadere” all’incirca 200 meteore all’ora: il doppio degli anni scorsi.
Un grande aiuto allo spettacolo è dato dal pianeta Giove, perché con la propria massa riesce ad attrarre e concentrare un numero maggiore di queste particelle vaganti verso il nostro pianeta. I 5 pianeti che saranno ben visibili saranno Venere, Mercurio, Giove, Marte e Saturno.
L’evento potrà essere ben osservato puntando gli occhi verso la costellazione di Perseo (dalla quale il nome Perseidi). Per osservare i pianeti, il punto d’osservazione favorevole è al mare con orizzonte libero ad ovest, perché per vedere Venere, Mercurio e Giove occorre un orizzonte privo di ostacoli; Marte e Saturno saranno più alti sull’orizzonte e si troveranno anche in congiunzione con la Luna. La condizione migliore per qualsiasi osservazione è recarsi in un luogo con il più basso inquinamento luminoso possibile.
Fonti[]
- «Quest’anno pioggia di stelle cadenti da record» – ANSA, 11 agosto 2016
April 3, 2016
Osservazioni amatoriali di un nuovo impatto su Giove nel marzo del 2016
Osservazioni amatoriali di un nuovo impatto su Giove nel marzo del 2016
domenica 3 aprile 2016
Lo scorso 17 marzo si è verificato l’impatto di un asteroide o di una cometa su Giove, sebbene la notizia sia divenuta di pubblico dominio solo alla fine del mese.
La notte del 17 marzo, l’astronomo amatoriale Gerrit Kernbauer osservava Giove da Mödling, in Austria, con un telescopio riflettore Skywatcher Newton 200/1000 (200 mm di diametro e 1000 mm di lunghezza focale). Come sua abitudine, Kernbauer registrava quanto mostrato dal telescopio. Le condizioni atmosferiche tuttavia ostacolavano le osservazioni e Kernbauer nutriva dubbi sulla qualità dei filmati ottenuti quella notte. Per questa ragione, non li visionò se non dieci giorni dopo, scoprendovi invece uno “strano punto luminoso apparso per meno di un secondo sul bordo del disco del pianeta” — la prima registrazione dell’impatto.
[EN]
« The seeing was not the best, so I hesitated to process the videos. Nevertheless, 10 days later I looked through the videos and I found this strange light spot that appeared for less than one second on the edge of the planetary disc. »
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[IT]
« Il seeing non era il migliore, così esitai a riprocessare i filmati. Tuttavia, 10 giorni dopo li ho guardai ed ho trovato questo strano punto luminoso apparso per meno di un secondo sul bordo del disco del pianeta. »
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(Commento di Gerrit Kernbauer che ha accompagnato la pubblicazione del filmato su YouTube[1])
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Una conferma dell’accaduto viene da un altro astronomo amatoriale, John McKeon, che la notte del 17 marzo osservava il pianeta e le sue lune da Swords, in Irlanda, con un telescopio Schmidt-Cassegrain di 280 mm di diametro. Il filmato con la registrazione dell’impatto è stato pubblicato il 29 marzo su YouTube.
I due filmati presentano una discrepanza di alcuni secondi rispetto all’orario dell’evento, avvenuto alle 00:18 UTC del 17 marzo. Entrambe le osservazioni sono avvenute nel vicino infrarosso, mentre non è stata finora segnalata l’osservazione di segni nel visibile.[1]
I due filmati sono stati riprocessati da Marc Delcroix che ha così identificato la latitudine dell’impatto: 12,4° Nord, nella North Equatorial Band.[1]
Fonti[]
- Fonti primarie
- Gerrit Kernbauer «Asteroid impact on Jupiter?» – YouTube, 26 marzo 2016
- John Mckeon «Time-lapse leading to Jupiter Impact, March 17th 2016» – YouTube, 29 marzo 2016
- Articoli giornalistici
- Kelly Beatty «Another Impact on Jupiter?» – Sky&Telescope.com, 29 marzo 2016
Note[]
- ↑ 1,0 1,1 1,2 Kelly Beatty, fonte cit., 29 marzo 2016.
February 2, 2016
2015 TB145 e WT1190F. Intervista a Marco Micheli.
2015 TB145 e WT1190F. Intervista a Marco Micheli.
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martedì 2 febbraio 2016

Un’immagine del detrito spaziale WT1190F, mentre si disintegra in una palla di fuoco sopra i cieli dello Sri Lanka.
Marco Micheli (Brescia, 1983) è un ricercatore in astronomia, esperto a livello internazionale dell’osservazione e lo studio della dinamica degli asteroidi, in particolare dei near-Earth objects, cioè quegli asteroidi con orbite tali da poter collidere in un futuro prossimo con il pianeta Terra. Astronomo amatoriale presso l’osservatorio Serafino Zani di Lumezzane fin da giovanissimo (ha scoperto il suo primo asteroide, (177853) Lumezzane, a 22 anni con Gianpaolo Pizzetti), è stato alunno del corso ordinario della Scuola Normale Superiore a partire dal 2002, a luglio 2007 ha discusso presso l’Università di Pisa una tesi di Laurea Specialistica in Astronomia e Astrofisica dal titolo “Effetto YORP sulle proprietà rotazionali degli asteroidi” con relatore Paolo Paolicchi. Ad agosto 2007 si è trasferito negli USA dove ha iniziato il suo dottorato presso l’University of Hawaii. Dopo aver completato quest’ultimo con una tesi intitolata “Exploring connections between near-Earth objects and meteoroid streams”, ha iniziato a lavorare al NEO Coordination Centre dell’ESA, con sede a Frascati.[1]

Wikipedia ha una voce su 2015 TB145.

Wikipedia in lingua inglese ha una voce su WT1190F.
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Micheli : Nei primi anni del mio interesse amatoriale per l’astronomia ho avuto l’occasione di partecipare ad attività di divulgazione astronomica, grazie ad eventi organizzati dall’osservatorio Serafino Zani di Lumezzane, o scrivendo per la rivista Astronomia; fin da subito ho notato che molte persone sono attratte verso la scienza in generale, ma verso l’astronomia in modo ancor più particolare. Forse perché anche le semplici osservazioni astronomiche a occhio nudo sono un’esperienza che colpisce profondamente. L’astronomia inoltre è oggigiorno quasi unica tra le scienze sperimentali, perché gode ancora del contributo di parecchi appassionati competenti, che anche con strumentazioni amatoriali e poco costose riescono a ottenere risultati scientifici di valore, non solo come soddisfazione personale, ma anche come contributo generale alla scienza. Questo fatto, già da solo, dice molto di questa disciplina, capace di catturare l’interesse e l’investimento di tempo ed energie di migliaia di persone, dalla formazione più variegata. La scoperta di nuovi asteroidi per esempio è stata per anni una delle principali attrattive per gli astronomi amatoriali, e ha dato grandi soddisfazioni a centinaia di astrofili.


Micheli : L’interazione con i media, italiani o esteri, è effettivamente una delle componenti fondamentali in questo lavoro. Già dagli inizi della mia passione astronomica avevo avuto occasione di essere intervistato da media locali, ad esempio il Giornale di Brescia. Ora che lavoro al centro sui NEO dell’ESA la comunicazione degli eventi sugli asteroidi è diventata una delle nostre mansioni ufficiali, e quindi i nostri risultati, e anche le immagini che produciamo, vengono spesso riprese da testate anche internazionali.[2]


Micheli : Il NEO Coordination Centre è stato fondato alcuni anni fa dall’ESA, all’interno del suo programma Space Situational Awareness (SSA), che si occupa di raccogliere informazioni su tutti i pericoli per la Terra che possono venire dallo spazio. Ha due compiti chiave: produrre e distribuire informazioni aggiornate sui NEO a scienziati, pubblico, media e decision-makers (in caso di pericolo di impatto reale e concreto), e allo stesso tempo raccogliere osservazioni di asteroidi pericolosi, grazie ad un network mondiale di osservatori e collaboratori. La mia mansione specifica è proprio questa seconda parte.[3]
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Micheli : Il passaggio di 2015 TB145 non è in realtà stato particolarmente eccezionale dal punto di vista scientifico. Oggetti di questo tipo si avvicinano alla Terra abbastanza spesso: come giustamente dici un evento simile è avvenuto per esempio all’inizio di quest’anno. Un oggetto di queste dimensioni, transitato così vicino alla Terra, sarebbe stato comunque scoperto entro pochi giorni dal passaggio ravvicinato, e quindi mi aspetto che la frequenza totale di questi passaggi rimanga abbastanza costante. Quello che probabilmente è cambiato nell’ultima decade è la maggiore attenzione mediatica, talvolta giustificata e altre volte, a mio parere, eccessiva.


Micheli : L’aspetto che rende 2015 TB145 interessante è che, a differenza della maggior parte di NEO grandi, questo oggetto è stato scoperto solo poche settimane prima del passaggio ravvicinato, e non molti anni prima. Ad oggi la maggioranza degli oggetti di queste dimensioni sono stati scoperti, ma il fatto che alcuni siano ancora ignoti rende evidente che le campagne di monitoraggio del cielo sono ancora necessarie (e lo saranno per molte decadi a venire). Quanto all’osservazione via radar ad alta risoluzione, questo oggetto non è stato particolarmente eccezionale. Immagini simili di qualche decina di oggetti sono state ottenute negli ultimi anni, e 2015 TB145 non si è rivelato particolarmente interessante neanche da questo punto di vista.
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Micheli : Purtroppo no, nessuno è riuscito a determinare con certezza cosa fosse. L’ipotesi di essere un componente dell’Apollo 10 è quella che ha circolato di più sui media, probabilmente per il fatto che la missione è ben nota al grande pubblico, e forse anche per l’attraente nomignolo “Snoopy” associato all’oggetto. L’unica cosa che sappiamo per certo è che l’oggetto era in orbita terrestre almeno dal 2009, perché siamo riusciti a trovare osservazioni di quell’epoca. Potrebbe ovviamente essere anche molto più vecchio, ma sicuramente non più recente.


Micheli : Decisamente. Il rientro di WT1190F ha fornito un’occasione irripetibile per studiare un oggetto in traiettoria di impatto con la Terra. Nonostante l’oggetto fosse artificiale, data la sua orbita molto lontana dalla Terra, e fuori dall’atmosfera, questo evento è stato una perfetta simulazione di cosa fare nel caso di un futuro impatto asteroidale. Per esempio, il nostro centro si è attivato per ottenere più osservazioni possibili, anche con grandi telescopi, per studiarne l’orbita, la composizione e il moto, e i risultati sono stati ottimi.


Micheli : Al contrario, è stato fatto molto! Il rientro dell’oggetto nell’atmosfera, e la sua disintegrazione, sono stati osservati da un team di astronomi (compreso un nostro collaboratore) che hanno organizzato un sorvolo aereo, con un business jet.[4] Vari altri team hanno anche tentato osservazioni da terra, dalla costa Sud dello Sri Lanka, ma purtroppo le pessime condizioni meteo hanno precluso ogni risultato. Queste osservazioni del rientro sono molto importanti. Ad esempio, si spera che i dati che hanno ottenuto possano rivelare informazioni utili per determinare meglio le caratteristiche e la composizione dell’oggetto, e quindi ridurre il range di candidati possibili e magari identificarlo con certezza. In generale, esiste già un network di astronomi che è “in allerta” per organizzare campagne di osservazioni sul campo in caso di impatti. In questo caso il network ha reagito molto bene perché avevamo un preavviso di molte settimane, ma l’obiettivo è quello di avere un sistema con ramificazioni in vari paesi, in grado di mettere un team sul campo entro 24-48 ore dal momento in cui si sappia di un impatto imminente.
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Micheli : La storia del nome di WT1190F è stata effettivamente oggetto di molta attenzione. In realtà la spiegazione di questa denominazione “anomala” è molto semplice. Ogni volta che un nuovo oggetto viene identificato da survey di scoperta, questi assegnano internamente un “codice” identificativo, spesso generato da calcolatori con algoritmi vari e più o meno casuali. Nei casi normali questo codice sopravvive solo pochi giorni, perché appena ulteriori osservatori confermano l’esistenza dell’oggetto, questo riceve una designazione ufficiale anno+lettere+numeri (come quella di 2015 TB145) che sovrascrive la designazione temporanea. Per WT1190F però questo processo non è accaduto, perché ci si è subito resi conto che l’oggetto era probabilmente artificiale, e quindi non gli è mai stata assegnata una designazione asteroidale. Dato che purtroppo non era noto a che oggetto corrispondesse, la designazione temporanea assegnata al momento della scoperta è rimasta l’unica disponibile.


Micheli : Per 2015 TB145 non ho visto nessun media generalista che abbia fatto notare il preavviso abbastanza piccolo con cui era stato scoperto, pur essendo un evento di routine. Per WT1190F, invece, la mancanza più grave a mio parere è stato il focalizzarsi sull’identificazione, senza menzionare che in ogni caso l’evento era estremamente interessante come test in vista di un futuro impatto di un oggetto naturale.
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Micheli : Riferendomi alla versione inglese delle pagine di questi due oggetti, personalmente le giudico entrambe ottime, in particolare quella su WT1190F che fornisce anche informazioni non banali rendendole accessibili al pubblico. Purtroppo noto che l’edizione italiana non ha invece alcun articolo riguardo a WT1190F, a conferma della mia convinzione che non abbia ancora raggiunto, almeno in ambito astronomico, un livello di profondità e accuratezza al pari della prima.
Note[]
- ↑ Marco MICHELI. 2010. URL consultato il 27-01-2016.
- ↑ N.d.R.: alcune informazioni sui diritti di riutilizzo delle immagini ESA sono disponibili su Intellectual Property Rights
- ↑ NEO Coordination Centre
- ↑ WT1190F Reentry on 13 November 2015
- ↑ twitter.com/wt1190f/…
Fonti[]
Anna Lisa Bonfranceschi. «Come seguire online l’asteroide di Halloween». Wired, 30-ottobre-2015.
«Dove è caduto il detrito spaziale WT1190F le previsioni esatte per metà». http://it.blastingnews.com/, 16-novembre-2015.
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- 2 febbraio 2016
February 2, 2013
L\’asteroide 274301 viene denominato \”Wikipedia\”
L’asteroide 274301 viene denominato “Wikipedia”
sabato 2 febbraio 2013

L’orbita dell’asteroide 274301 Wikipedia
L’asteroide 274301 è stato uffcialmente denominato 274301 Wikipedia, in onore dell’omonima enciclopedia libera online.
La richiesta di denominazione era stata inizialmente proposta da Andriy Makukha, membro del consiglio direttivo di Wikimedia Ucraina, e quindi supportata da Jurij Ivaščenko, proprietario dell’osservatorio astronomico di Andrušivka, in Ucraina, dove era stato scoperto nell’agosto del 2008.
L’ufficializzazione della dedica è avvenuta il 27 gennaio 2013, con la pubblicazione da parte del Committee for Small Body Nomenclature dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU) della notizia nella Minor Planet Circular, a pagina 82403.
La motivazione della denominazione riporta:
« Wikipedia è un’enciclopedia online libera, gratuita, realizzata collaborativamente, lanciata nel 2001. In 11 anni di compilazione è diventata una delle più grandi opere di consultazione ed uno dei siti web più visitati su Internet. È realizzata in più di 270 lingue da parte degli appassionati di tutto il mondo. » |
L’asteroide[]
274301 Wikipedia è un asteroide della fascia principale osservato per la prima volta dall’osservatorio di Andrušivka il 25 agosto 2008 alle ore 22:47 (UTC), e che nel settembre dello stesso anno ha ricevuto la denominazione provvisoria “2008 QH24“.
Gli studi compiuti sull’orbita compiuti avevano inoltre confermato che si trattava in realtà di un asteroide già osservato in precedenza: sia l’osservatorio francese Caussols-ODAS che gli osservatori Arizona Mount Lemmon Survey e Steward Observatory lo avevano in passato nominato rispettivamente 1997 RO4 e 2007 FK34.
Il 18 aprile 2011 è avvenuta l’assegnazione del numero 274301, in attesa di unirvi la denominazione.
Altri progetti[]
Wikipedia contiene una voce riguardante 274301 Wikipedia
Fonti[]
- [EN] – «New names of minor planets» – IAU Minor Planet Center, 27 gennaio 2013, pag. 467
- [UK] – «Астероїд, відкритий в Україні, було названо «Вікіпедія»» – RegioNews, 31 gennaio 2013
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October 21, 2012
Un nuovo impatto su Giove nel settembre del 2012
Un nuovo impatto su Giove nel settembre del 2012
domenica 21 ottobre 2012
Lo scorso 10 settembre si è verificato l’impatto di un asteroide o di una cometa su Giove. L’emissione luminosa associata all’evento è durata solo un paio di secondi, che sono stati tuttavia sufficienti all’astronomo amatoriale Dan Peterson per identificare il fenomeno. Peterson eseguiva osservazioni del pianeta da Racine, nel Wisconsin, con il suo telescopio di 12″ di diametro.[1] La notizia, ripresa dal sito web SpaceWeather.com, è stata confermata da un secondo astronomo amatoriale, George Hall, che la stessa notte eseguiva riprese video di Giove da Dallas, in Texas.[1] Hall ha pubblicato sul sito Flickr.com il filmato di 4 secondi dell’esplosione.[2]
L’assenza di macchie scure in corrispondenza del sito d’impatto nelle rivoluzioni successive[3] ha portato gli studiosi a ritenere che si sia trattato di un oggetto dal diametro inferiore ai 15 metri.[4]
L’evento ha mostrato forti analogie con quelli verificatisi nel 2010.[4] L’incremento nella frequenza con cui tali fenomeni vengono rilevati è stata associata, più che ad un reale incremento nella frequenza della loro occorrenza, al miglioramento degli strumenti per l’osservazione a disposizione degli astronomi amatoriali, cresciuti contestualmente di numero.[4]
Fonti[]
- [EN] – Tony Phillips «Explotion on Jupiter» – Spaceweather.com, 11 settembre 2012
- [EN] – Tariq Malik «Explosion on Jupiter Spotted by Amateur Astronomers» – Space.com, 11 settembre 2012
- [EN] – Kelly Beatty «Another Flash on Jupiter!» – Sky&Telescope.com, 12 settembre 2012
Note[]
- ↑ 1,0 1,1 Tony Phillips, fonte cit., 11 settembre 2012.
- ↑ George Hall. [EN] Jupiter Impact Video in Flickr.com. 11 settembre 2012. URL consultato il 21 ottobre 2012.
- ↑ Kelly Beatty, fonte cit., 12 settembre 2012.
- ↑ 4,0 4,1 4,2 Jia-Rui Cook. [EN] Turmoil From Below, Battering From Above. NASA, 17 ottobre 2012. URL consultato il 21 ottobre 2012.
January 26, 2012
Addio a Franco Pacini
Addio a Franco Pacini
giovedì 26 gennaio 2012

Franco Pacini
(Firenze, ottobre 2008)
Questa mattina, all’età di 72 anni, è morto Franco Pacini, astrofisico fiorentino.
Nel campo della ricerca ha legato il suo nome alle stelle di neutroni, in particolare fornendo alcune previsioni riguardanti il campo magnetico generato da quelle rapidamente rotanti[1]. Ha poi avanzato una ipotesi sulla formazione delle galassie ultraluminose nella banda a infrarossi[2], anch’essa confermata da osservazioni successive.
Direttore dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, dal 1968 al 2001, è stato anche presidente dell’Unione Astronomica Internazionale[3] dal 2000 al 2003 e ha attivamente collaborato alla realizzazione del Large Binocular Telescope (LBT) in Arizona, il più grande telescopio ottico mai realizzato.
Negli ultimi anni era impegnato nell’attività di diffusione della cultura scientifica in Italia tra i giovani e i giovanissimi.
Fonti
- Marco Galliani «Franco Pacini, 1939-2012» – INAF, 26 gennaio 2021
Note
- ↑ F. Pacini (Novembre 11, 1967). Energy emission from a neutron star. Nature Vol. 216: pp. 567-568. DOI:10.1038/216567a0.
- ↑ M. Harwit & F. Pacini (1975). Infrared galaxies – Evolutionary stages of massive star formation. Astrophysical Journal Vol. 200: pp. L127-L129. DOI:10.1086/181913.
- ↑ [EN] Scheda su Franco Pacini membro dell’IAU
September 20, 2010
Giove non è mai stato così vicino da 47 anni
Giove non è mai stato così vicino da 47 anni
lunedì 20 settembre 2010

Un’immagine di Giove dalla sonda Cassini. Image credit:NASA/JPL/University of Arizona
Oggi e domani Giove sarà più vicino alla Terra che negli ultimi 47 anni. L’evento causerà un significativo aumento della luminosità del pianeta. Il pianeta Urano sarà nei pressi, ma sarà difficile da vedere a occhio nudo, per via della sua grande lontananza e scarsa luminosità.
Giove sorgerà all’incirca al tramonto, e sarà allo Zenit a mezzanotte circa. L’unico altro oggetto fortemente luminoso presente nel cielo sarà la Luna. Lo scienziato della NASA Tony Phillips ha detto «Giove in questi giorni è così luminoso che non sarà necessaria una mappa per trovarlo». Non sarà nuovamente così luminoso fino al 2022.
Giove passerà a 592 milioni di chilometri dalla Terra. Anche se il picco dell’evento avverrà lunedì e martedì, rimarrà molto luminoso per un altro mese circa.
Durante quest’evento, il pianeta si troverà in cielo non lontano dalla Luna. I satelliti medicei saranno facilmente visibili con l’ausilio di un piccolo telescopio o di un binocolo sufficientemente potente.
Secondo gli scienziati della NASA, gli “incontri” tra la Terra e Giove avvengono ogni 13 mesi. Poiché le orbite dei pianeti sono ellittiche (cioè non sono dei cerchi perfetti, ma sono schiacciate), le distanze tra i due pianeti variano ogni volta.
Giove |
Giove è il più grande pianeta del Sistema Solare. È il quinto pianeta per distanza dal Sole ed è più massiccio di tutti gli altri pianeti messi insieme. La sua massa corrisponde a 318 masse terrestri circa. |
Fonti[]
- [EN] – Venugopal Rao «Jupiter closest to Earth since 1963; to appear big and bright» – Bharat Chronicle, 19 settembre 2010
- [EN] – Neka Sehgal «Stargazers to spot the brightest Jupiter in 50 years» – The Money Times, 19 settembre 2010
- [EN] – «View giant planet Jupiter on Tuesday» – The Olympian, 19 settembre 2010
- Elmar Burchia «Passaggio ravvicinato di Giove» – Corriere della Sera, 19 Settembre 2010
August 27, 2010
Scoperto un sistema extra-solare
Scoperto un sistema extra-solare
venerdì 27 agosto 2010

Rappresentazione artistica di un tipico Sistema planetario. (Image credit:NASA)
Degli Astronomi hanno scoperto un sistema planetario che potrebbe contenere tra i cinque e i sette pianeti, a circa 127 anni luce dalla Terra.
Al momento, si conoscono solo quindici sistemi planetari a cui appartengono più di tre pianeti. Il sistema scoperto ruoterebbe attorno alla stella HD 10180, le cui proprietà potrebbero essere simili a quelle del Sole. Gli scopritori dicono che nel sistema planetario scoperto i pianeti sono sistemati in una maniera più “compatta” rispetto al nostro sistema solare: si pensa infatti che una rivoluzione completa attorno al sole duri appena l’equivalente di un giorno terrestre.
Si pensa inoltre che nel sistema planetario scoperto possano esserci fino a sette pianeti; la presenza di due pianeti sarebbe ambigua e non certa. Uno dei pianeti sembra avere una massa relativamente simile a quella della Terra; sarebbe il pianeta più piccolo finora scoperto al di fuori del Sistema Solare.
Questo sistema planetario, tuttavia, non è il primo ad essere scoperto. Gli astronomi ne hanno trovati diversi nel corso di parecchi anni di ricerca. Cristophe Lovis, ricercatore a capo del progetto condivide i suoi pensieri sulla scoperta: «Questo evidenzia il fatto che stiamo entrando in una nuova era nell’ambito della ricerca di pianeti extrasolari – lo studio sistemi planetari complessi e non di singoli pianeti».
Martin Dominik, un astronomo dell’Università di St. Andrews, tuttavia fa presente che non è chiaro se sistemi planetari con più pianeti di quello scoperto non siano stati scoperti in passato. Dominik spiega: «Come gran parte delle scoperte nella scienza, le scoperte portano più domande che risposte; ma a mio avviso, questo è quello che fa avanzare un campo».
Fonti[]
- [EN] – Victoria Gill «Rich exoplanet system discovered» – BBC, 24 agosto 2010
- [EN] – Raphael Satter e Frank Jordans «Experts spot smallest planet outside solar system» – Associated Press, 24 agosto 2010
- [EN] – Victoria Gill «Vast solar system found 127 light years away» – The Telegraph, 25 agosto 2010
- 27 agosto 2010
June 25, 2010
Spazio: rientrata dall\’asteroide Itokawa la sonda Hayabusa
Spazio: rientrata dall’asteroide Itokawa la sonda Hayabusa
venerdì 25 giugno 2010

immagine radar dell’asteroide
A quasi cinque anni dalla partenza dall’asteroide 25143 Itokawa, la sonda Hayabusa (“falco pellegrino” in giapponese) è rientrata a terra e, alle 16:11 di domenica 13, ha fatto rientrare in atmosfera la capsula che dovrebbe contenere campioni del suolo dell’asteroide. La capsula è atterrata ed è stata recuperata presso il Woomera Test Range, nel sud dell’Australia.
La sonda aveva decollato da Kagoshima, in Giappone, il 9 maggio del 2003 e nel 2005 aveva raggiunto l’asteroide. Per circa tre mesi, dall’orbita, aveva cartografato il piccolo corpo celeste in varie bande di frequenza. Quindi il 25 novembre 2005 era atterrata sulla superficie per prendere dei campioni del suolo, questi rivestono particolare interesse sia in quanto test della procedura di raccolta sia per i risultati che potranno derivare dalla loro analisi.
Si è trattato, nel complesso, di una missione sperimentale, con lo scopo di testare, in particolare, i motori ionici e le procedure di esplorazione degli asteroidi e di rientro a terra. Il viaggio di Hayabusa è stato funestato da diversi malfunzionamenti: uno solo dei quattro motori ionici ha funzionato regolarmente e uno solo anche dei tre giroscopi; lo stesso atterraggio su Itokawa era andato incontro ad un primo fallimento, per poi riuscire al secondo tentativo. Nonostante questi problemi, la missione si è conclusa positivamente e, se avrà anche riportato a terra dei campioni dell’asteroide, la loro analisi impegnerà i ricercatori per almeno un anno.
Fonti[]
- Luigi Bignami «È tornata la sonda giapponese che si è posata sull’asteroide» – la Repubblica, 13 giugno 2010
Collegamenti esterni[]
- [EN] Portale sulla missione dell’agenzia spaziale giapponese JAXA
- [EN] Brochure informativa [PDF] sulla missione
- 25 giugno 2010
June 13, 2010
Spazio: rientrata dall’asteroide Itokawa la sonda Hayabusa
domenica 13 giugno 2010


immagine radar dell’asteroide
A quasi cinque anni dalla partenza dall’asteroide 25143 Itokawa, la sonda Hayabusa (“falco pellegrino” in giapponese) è rientrata a terra alle 16:11 di domenica 20 giugno presso il Woomera Test Range, nel sud dell’Australia.
La sonda aveva decollato da Kagoshima, in Giappone, il 9 maggio del 2003 e nel 2005 aveva raggiunto l’asteroide. Per circa tre mesi, dall’orbita, aveva cartografato il piccolo corpo celeste in varie bande di frequenza. Quindi il 25 novembre 2005 era atterrata sulla superficie per prendere dei campioni del suolo, questi rivestono particolare interesse sia in quanto test della procedura di raccolta sia per i risultati che potranno derivare dalla loro analisi.
Si è trattato, nel complesso, di una missione sperimentale, con lo scopo di testare, in particolare, i motori ionici e le procedure di esplorazione degli asteroidi e di rientro a terra. Il viaggio di Hayabusa è stato funestato da diversi malfunzionamenti: uno solo dei quattro motori ionici ha funzionato regolarmente e uno solo anche dei tre giroscopi; lo stesso atterraggio su Itokawa era andato incontro ad un primo fallimento, per poi riuscire al secondo tentativo. Nonostante questi problemi, la missione si è conclusa positivamente e, se avrà anche riportato a terra dei campioni dell’asteroide, la loro analisi impegnerà i ricercatori per almeno un anno.
Fonti
- Luigi Bignami «È tornata la sonda giapponese che si è posata sull’asteroide» – la Repubblica, 13 giugno 2010
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